First Drops: In passato molte persone hanno scritto su di te in occasione di mostre, interviste, recensioni…. Qual è la descrizione più efficace che è stata fornita del tuo lavoro?
Martha Pachon: Non posso dire quale sia stata la descrizione più precisa o efficace, in particolare devo dire che mi hanno colpito le parole della Direttrice del MIC Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, Claudia Casali, quando faceva riferimento alla lentezza del mio lavoro intesa come un rito magico e come una vicenda intellettuale che necessita tempo e destrezza. Ricordo anche Antonio Vivas, il direttore della rivista spagnola CERAMICA chi ha evidenziato la mia narrativa
complessa correlata all’incrocio di culture di chi ha vissuto fra due mondi, America ed Europa. Mi è piaciuto anche quando la curatrice e critica d’arte Beatrice Buscaroli ha introdotto un testo col racconto che fece Albrecht Dürer quando vide gli oggetti che Montezuma aveva spedito come regalo al Re Carlo V nel 1520 e ha comparato il mio lavoro con quelle preziose cose arrivate da mondi lontani.
PE: Come assistant editor della rivista La ceramica in Italia e nel mondo e come profonda conoscitrice del settore, quali sono secondo te gli stili e le ricerche più interessanti che caratterizzano la ceramica contemporanea?
MP: Sono diffuse due tendenze principali: da un lato ci sono le ricerche dove il concetto prevale sulla tecnica e sulla materia, nelle quali, secondo me, la ceramica perde spazio e diventa povera; dall’altro ci sono i lavori dove il concetto si esprime senza perdere di vista il “ben fatto”. La ceramica contemporanea delle nazioni nordeuropee, dell’Asia e di alcuni paesi dell’America Latina è diventata più esigente e raffinata, con temi profondi in opere di grande qualità tecnica, che tutto sommato, è quello che conta per i collezionisti e conoscitori.
PE: Che cosa ti ha spinto a dedicarti all’arte della ceramica e che cosa rappresenta per te?
MP: Sono nata in una terra che vive la ceramica nella quotidianità. Da bambina amavo l’argilla, i miei genitori sapevano che era più importante per me una scatola di impasti colorati che un giocattolo. All’Università la mia tesi di Belle Arti è stata tutta incentrata sulla ceramica, la mia inclinazione è stata una cosa naturale, mai imposta, e rappresenta il mio modo di comunicare col mondo.
PE: Quali aspetti del tuo lavoro ami maggiormente?
MP: Tutto, dai preparativi come bozzetti, disegni, alla preparazione del materiale, dall’esecuzione dell’opera, all’esposizione.
PE: Le difficoltà che incontri?
MP: Sono soltanto di carattere tecnico, quelle sono tante, ma si superano. Poi, l’ultima fase di vendita, ancora molta gente non conosce o capisce e piazzare la ceramica in luoghi “non ceramici” o dedicati solo alla ceramica è difficile.
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…Sono partita dalla natura animale per arrivare alla natura umana; mi piacciono adesso i temi dei viaggi, della transumanza, le migrazioni, i riti, la magia e l’amore…
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PE: Puoi spiegarci le peculiarità tecniche del tuo lavoro, come se avessi di fronte qualcuno che non conosce l’arte della ceramica?
MP: La porcellana mette a dura prova la pazienza dei ceramisti! Le tecniche utilizzate sono talmente varie e antiche che i medesimi popoli che le hanno create sovente non sono in grado di utilizzarle attualmente. Lavoro con sottilissime lastre di porcellana che conformano i pezzi attraverso degli stampi, completo l’opera con frammenti di “Nerikomi”, “Neriage” o “Mishima”, che sono tecniche asiatiche d’intarsio o mosaico partendo da impasti di porcellana pigmentata. L’essicamento è molto lento, può passare anche un mese per un’opera di media dimensione.
La prima cottura è lenta, a bassa temperatura (1000°C), dopo si procede con le rifiniture e, se necessario, con la smaltatura, quindi si esegue una seconda cottura ad alta temperatura (1280 -1300 °C), infine, se occorre, si pratica una terza cottura per applicare oro o platino e si ultima il lavoro con il lavaggio della porcellana.
PE: Quali sono i temi che ispirano la tua ricerca artistica? In che modo li sviluppi o cambiano nel tempo?
MP: Sono partita dalla natura animale per arrivare alla natura umana; mi piacciono adesso i temi dei viaggi, della transumanza, le migrazioni, i riti, la magia e l’amore.
PE: È importante per te creare con le tue mani le opere che progetti? Affideresti la loro realizzazione ad altre persone?
MP: Mi sembra molto difficile affidare il mio lavoro ad altri, anche se adesso alcune cose in piccole serie sono realizzate in parte da altri o rifinite da assistenti.
PE: Quali sono le mostre o i progetti del passato che ti hanno dato maggiore gratificazione?
MP: In particolare ho amato molto i progetti realizzati ad hoc per un luogo o per un evento speciale; mi è capitato di allestire palazzi, sfilate, case… Oltre a ciò, ricordo con piacere le mostre dove mi è stato permesso di allestire con libertà di dimensione e tema ed è una grande soddisfazione quando alla fine i pezzi rimango di proprietà di un ente pubblico o privato.
PE: E le prossime mostre in programma?
MP: Senza data definita, una mostra in Belgio, una in Giappone, in Italia (Roma) e finalmente in Colombia.
PE: Ti piace lavorare su richiesta o in base a un progetto predeterminato?
MP: Tutte e due, non ho problema, in passato mi è piaciuto lavorare sia su progetti per architetti o per gallerie che esaudire richieste di enti pubblici e di privati.
PE: In che modo ti piace relazionarti con i clienti?
MP: Generalmente mi relaziono molto bene con la gente, alcune volte il cliente è una galleria, un ente che cura un progetto, un collezionista o semplicemente un amico, io faccio vedere tutto, spiego, do un consiglio e racconto l’opera, ma sarebbe interessante trovare un vero professionista che si occupi di questo come succede in altre nazioni più sviluppate col mercato dell’arte: un mercante e basta.
PE: Il tuo sogno per il futuro?
MP: Continuare a fare quello che sto facendo; mi piacerebbe però sviluppare progetti sempre più grandi e lavorare ancora in altri Paesi.