Lidia Carlini, ceramista di Faenza, reinterpreta in chiave contemporanea oggetti rituali della tradizione sopiti nel tempo. Recentemente l’abbiamo incontrata e le abbiamo rivolto alcune domande per conoscere più a fondo il suo lavoro e la sua poetica.
First Drops: In passato molte persone hanno scritto su di te in occasione di eventi, interviste, recensioni… Qual’è la descrizione più efficace che è stata fornita del tuo lavoro?
Lidia Carlini: Ogni scritto è quasi sempre preceduto da un incontro. Chi ha scritto, ha avuto modo di conoscermi e di “entrare “ nel mio lavoro. Il risultato finale, mi porta a non avere preferenze, a essere grata ad ognuno di loro per avere raccontato di me con semplicità e … molta bontà!
PE: Che cosa ti ha spinto a dedicarti al mondo dell’arte della ceramica e cosa rappresenta per te?
LC: sono cresciuta in una “casa di ceramica”. Amici e parenti erano predisposti e sensibili al mondo dell’arte e in particolare alla ceramica. Ho frequentato l’Istituto d’arte per la ceramica “G.Ballardini” di Faenza per otto anni, mi sono diplomata in Magistero Restauro. Era il 1979 e poco prima di terminare il corso scolastico ho aperto il mio studio. La formazione, gli insegnanti, sono stati determinanti nello sviluppo della mia ricerca. Restaurare una ceramica vuol dire: scavare nel passato e agire al presente affinchè continui a vivere nel futuro.
La ceramica è la mia passione che si trasforma in professione. E’ metodo, esperienza, libertà creativa, pazienza, … E’ testa, mani e cuore.
PE: Quali aspetti del tuo lavoro ami maggiormente ?
LC: La parte progettuale e operativa, la libertà creativa e … l’apertura del forno!
PE: Le difficoltà che incontri?
LC: Nella vita ci sono difficoltà e piaceri, come nel mio lavoro. Credo di avere imparato ad affrontare le situazioni al momento che si presentano. La mente deve mantenersi pulita… diversamente c’è il buio. E’ un esercizio difficile.
PE: Quali sono i temi che ispirano la tua ricerca artistica? In che modo li sviluppi o cambiano nel tempo?
LC: Mi attraggono e stimolano situazioni e oggetti del passato o di tutti i giorni , la loro storia e la mutazione che possono avere subito nel tempo. Mi piace elaborarli, riproporli, attualizzarli, spedirli nel futuro, cambiandone talvolta la funzione iniziale.
PE: Quali sono gli eventi o i progetti del passato che ti hanno dato maggiore gratificazione ?
LC: Ogni evento o progetto ha la sua storia e rappresenta in positivo o negativo un’esperienza, una fase, l’evoluzione.
PE: Ti viene in mente qualche aneddoto a proposito delle tue opere?
LC: Sono diversi… troppi da raccontare qui … ma più che al lavoro, sono riferiti a me.
PE: Puoi raccontarci della tua ricerca sull’ “impagliata”, come è nata, di che cosa si tratta?
LC: L’ “impagliata” o “servizio da parto” è una ceramica della tradizione. Oggetto di rito, veniva donato alla mamma per effettuare il primo pasto dopo il parto. La forma presenta una serie di contenitori impilati uno sull’ altro fino a formare un corpo unico. Affascinante l’oggetto e la sua storia. Io la ripenso nella forma, la sviluppo perchè possa contenere già il cibo al suo interno. L’ evoluzione inizia al momento che, la mente trasforma un portauovo in una tazzina da caffe … il totem si trasforma in un set da single. Nasce JO-VA da Jolanda a Valter. Nel gioco del monta e smonta si moltiplicano forme e idee diverse che diventano grandi torri colorate, set per coppia, set per single impilati “bonsai” che sono racchiusi come un seme in una scultura… fino ad arrivare all’urna cineraria, come a chiudere il ciclo della vita.
Progettazione, realizzazione, gioco e la sensazione che non finisca mai.
PE: Ti piace lavorare su richiesta o in base a un progetto predeterminato?
LC: Lavorare su commissione del cliente è quasi obbligatorio per la sopravvivenza. Cerco sempre di mettere “del mio” per essere più stimolata nella realizzazione. Comunque, non mi piace. Preferisco lavorare su miei progetti, proporli, condividerli col pubblico e, perchè no, avere conferma del risultato.
PE: In che modo ti piace relazionarti con i clienti ?
LC: Non credo di essere brava, non mi piace “dovere convincere”
PE: Il tuo sogno per il futuro ?
LC: Vivere tranquilla, cucinare ceramica e cibo e incontrare la sensibilità di qualcuno che stimi il mio lavoro e desideri proporlo al pubblico al posto mio.