
Mescolare argille di colori diversi può creare straordinari effetti decorativi. A seconda di come le argille vengono sovrapposte e lavorate, le decorazioni che ne derivano possono essere imprevedibili e sorprendenti oppure predisposte in modo preciso e calcolato.
I ceramisti usano indifferentemente le parole “neriage”, “nerikomi” e “agateware” per definire questo genere di lavorazione, e la diversa etimologia dei vocaboli ne rivela alcune caratteristiche.
Neriage è una parola di origine giapponese, composta dalla radice neri che significa “mescolare” e dalla radice age che significa “tirare su”. Quest’ultima accezione si riferisce all’azione di innalzamento dell’argilla che avviene durante la lavorazione al tornio.
Il neriage dunque si ottiene mescolando insieme strati di argille di colori diversi e lavorandoli al tornio in modo da creare una miscela dall’aspetto vorticoso e spiraleggiante.
Gli oggetti creati in questo modo possono essere ultimati con la decorazione a spirale oppure alterati nella forma attraverso tagli e sfaccettature della superficie. Tagliare attraverso gli strati sovrapposti e mescolati delle argille rivela una varietà infinita di motivi.
La tipologia di decorazione che risulta può essere in parte controllata attraverso lo spessore degli strati e la loro disposizione sul tornio. Se gli strati sovrapposti sono verticali rispetto al tornio, si produrranno motivi sottili e dentellati. Se gli strati vengono disposti orizzontalmente al tornio, le decorazioni saranno molto più spesse e marcate.
Anche il termine nerikomi è di origine giapponese. In questo caso, alla radice neri si unisce la radice komi, che significa “schiacciare dentro” e si riferisce all’azione di premere una lastra di argilla dentro una forma o uno stampo. Nerikomi dunque si riferisce alla lavorazione a mano degli strati di argilla, che consente un controllo molto più accurato dell’effetto finale.
La tecnica più diffusa per la lavorazione a mano consiste nella stesura di varie lastre di argilla di colori diversi che vengono unite tramite sovrapposizione o arrotolamento.
Le forme così ottenute vengono tagliate in sottili lastre che rivelano l’effetto creato dalla sovrapposizione. Le lastre possono venire unite tra di loro oppure inserite tramite pressione all’interno di una lastra di base, in modo da creare una decorazione ritmica e regolare.
Il termine “agateware” compare invece in Inghilterra nel XVII secolo, e si riferisce all’aspetto variegato e stratificato dell’agata.
John Dwight, fondatore della manifattura Fulham Pottery e considerato da molti come uno dei padri della tradizione ceramica in Inghilterra, a partire dal 1670 compì numerosi esperimenti per perfezionare questa tecnica e scrisse alcune nozioni fondamentali per la sua comprensione e diffusione. In particolare, Dwight rivelò che gli elementi fondamentali per la buona riuscita di questa tecnica riguardano lo studio del colore delle argille e la loro compatibilità, dando indicazioni precise sulla temperatura di cottura, sull’elasticità, plasticità, densità e resistenza di terre diverse.


Nei secoli passati le argille per la lavorazione della ceramica venivano prodotte artigianalmente e verificare la compatibilità tra le terre era un’operazione complessa. Al giorno d’oggi le argille industriali vengono prodotte rispettando rigorosamente le caratteristiche fisiche dichiarate dall’azienda produttrice, per cui è diventato più semplice per i ceramisti verificarne la compatibilità. La tecnica del neriage o nerikomi o agateware è più che mai utilizzata dai ceramisti contemporanei, e non smette di sorprendere per l’incredibile varietà dei risultati che si ottengono.